Suor Giacomina Tagliaferri - Torino
Opportunada è un’associazione nata nel 1995, per fare famiglia con le persone Senza Dimora, su iniziativa di alcune di loro, di simpatizzanti e di operatori e tra questi Vittoria e Giacomina, suore in incognita, molte attive con molta passione per tanti anni. Nessuno si è mai proposto di assistere o fare del bene ma si è cercato di vivere relazioni significative con tutti/e, a pari titolo e nella reciprocità. Sergio era uno di queste, anche lui ha dato e ha ricevuto molto. Approdato dalla Francia dopo aver perso tutto quello che aveva – non era poco! – ha frequentato il dormitorio e poi ha incrociato Opportunanda e da allora (correva l’anno 2000) “non ci siamo più lasciati” fino alla sua morte avvenuta in un giorno di maggio nella sua casa.
Ha preso parte attiva alla vita dell’associazione, dove era diventato punto di riferimento per molti, quei molti che in qualche modo erano una sua nuova famiglia. A Opportunanda ha fatto tante cose.
Un po’ giullare, un po’ maestro, un po’ scrittore, un po’ poeta, un gran signore: questo è stato Sergio per tutti noi.
Ha scritto: Il “pepe” di una civiltà sono i vagabondi. Quando essi godono il rispetto che si deve al più debole, è “segno” che il rispetto per le altre libertà funziona.
Ha detto, con le lacrime agli occhi, quando ha avuto una casa tutta sua (in affitto): Non sai quanto sia importante per me rivedere il mio nome scritto su un campanello.
In veste di poeta:
Una mano che mi guidi,
un occhio che mi rallegri,
un cuore su cui riposare.
Non avrò niente di tutto questo
Ma mi avvierò vacillante alla tomba
Non desiderato e indesiderabile
Dall’albero del silenzio
pende il suo frutto,
la pace.
(A. Schopenhauer)
Caro Sergio, non avrei mai voluto scrivere questa lettera come saluto per il tuo lungo viaggio, intrapreso all’insaputa di tutti, da solo. Da solo, sì un po’ perché ti abbiamo lasciato noi e un po’ anche per tua scelta perché credo che in te echeggiasse spesso il pensiero di Schopenhauer a tal punto da averlo interiorizzato. E costui ebbe a dire “chi non ama la solitudine, non ama neppure la libertà perché si è liberi unicamente quando si è soli”.
E ora siamo noi a esserlo, senza di te. E ci mancherai a tutti, a me tantissimo. Sergio, posso vantare una grande amicizia con te iniziata da subito oltre vent’anni fa, quando le nostre strade si sono incrociate, e poi maturata e consolidata nel tempo. Sono contenta per questo regalo che la vita mi/ci ha fatto e qui includo anche Vittoria, la prima che ti ha incontrato in un periodo particolarmente difficile per te e che è stata determinante nel tuo procedere. Da allora, quanti momenti vissuti insieme, tante feste fatte nell’intimità di una casa, la nostra, con altri amici, dove tu in qualche modo eri protagonista con una battuta, una lectio magistralis - ne facevi tante e ti riuscivano così bene! – un apprezzamento per il cibo, per il vino, rigorosamente bianco, che non disdegnavi! E poi Entracque: come ti piaceva quel posto, ti ricordava il tuo servizio militare, il tuo essere stato alpino…E gli affetti condivisi…, sui tuoi poche parole, ma sufficienti per capire che evocavano tanto in te, poi ti sei aperto ai nostri: hai goduto della presenza alla nostra tavola di Censino, cognato di Vittoria, un altro alpino doc, di mio fratello quelle poche volte che c’è stata l’occasione, e sono bastate perché ti qualificasse come un uomo di grande cultura e provasse per te profonda stima, oltre che una spiccata simpatia. Tra voi c’è stato nel tempo uno scambio di libri e tu alla fine, quando ha subito quell’intervento grave e abbastanza devastante, ti sei fatto presente con i Paralipomena di Schopenhauer (due volumi) che gli hai inviato a casa per posta. Lo hai commosso davvero anche se, te lo confesso, non ne ha mai letto una pagina ma li teneva vicino a sé come una cosa preziosa. E poi Parigi, la tua Parigi e quando con Vittoria (con noi c’era anche Almerino buon conoscitore e amante della città) ci siamo andati, hai voluto che ci recassimo a vedere dove abitavi!!! Quella Parigi, il tuo mondo, da cui non ti volevi staccare al punto da non voler prendere, almeno per i primi tempi, la residenza a Torino che forse ti avrebbe agevolato in alcuni passaggi (casa popolare ad esempio). Anche in quell’occasione hai scelto la libertà!
E Opportunanda… La definivi la tua casa e lo è stata in tutti i sensi, anche materialmente quando sei andato in via Artom in quell’alloggio che sarebbe diventato poi la sede di una convivenza guidata. E tu ci sei andato ad abitare prima ancora che fosse abitata e abitabile! Un po’ matti tutti, tu e noi! E il Centro Diurno? Lo abbiamo potuto aprire grazie alla tua collaborazione per parecchie ore al giorno e per vari giorni alla settimana. E tutti quelli che lo frequentavano avevano trovato in te un grande riferimento e tu in qualche modo, un po’ la tua famiglia. Avevi per tutti una battuta , intelligente e simpatica, in grado di far decantare eventuali tensioni e di sentirsi comunque accolti. Ricordi, in tempi più recenti, quando quel ragazzo ivoriano, che a volte disturbava la quiete al Centro, una mattina aveva un po’ esagerato e abbiamo cercato di condurlo fuori dalla sala e tu, con un sorriso molto benevolo, gli hai parlato in francese e gli hai offerto una sigaretta. Non posso dimenticare come il suo volto si illuminò e si aprì ad un bellissimo sorriso!
Eri davvero un gran signore! E questa è la tua eredità per tutti noi.
E ben ti si addice quel verso di Orazio che suona così:
Ho innalzato un monumento
più duraturo del bronzo…
Non morirò del tutto e gran parte di me
eviterà Libitina (la dea dei funerali)…
Ciao. Buon viaggio e, dopo il grande silenzio, tanta pace.
Un forte abbraccio da me e da Vittoria
Giac